13-09-2015 riss(e)ZENTRUM, Via S. Pedrino 4, Varese
Groupemobile è un insieme mobile di oggetti, sculture, fotografie, proiezioni, visioni, tavoli, gesti, parole, attese, suoni, improvvisazioni, idee e documenti storici tra i quali due fotografie scattate da Constantin Brancusi che appartengono al repertorio delle vedute dei gruppi mobili nel suo atelier.
Groupe Mobil[e] è il termine usato da Brancusi in una lettera inviata al suo collezionista John Quinn per indicare tre sculture in legno, successivamente assunto dalla critica per indicare qualsiasi altro raggruppamento di sculture in movimento nel suo atelier, da noi per indicare spostamenti, dislocazioni e sostituzioni nell’insieme formato non solo dai materiali ma anche dagli autori che partecipano al progetto in questa edizione presso Riss(e).
Le due fotografie di Brancusi saranno esposte, nel solo giorno inaugurale, come documento storico di uno dei primi gruppi mobili e come testimonianza dell’interazione e scambio tra codici visivi diversi tra loro, che oggi il digitale moltiplica e accelera con esiti di contraddizione e conflitto.
Questi passaggi da un linguaggio all’altro e, di conseguenza, da una strategia di pensiero all’altra, implicano un cambio di marcia nel modo di vedere e pensare, in Groupemobile caratterizzato da svolte improvvise, sussulti, mutamenti di stato e catastrofi. La catastrofe è qui assunta come figura della trasformazione, dell’interruzione di un continuo, di un brusco e improvviso cambio di direzione che trova nell’etimo del termine “catastrofe” l’eco del verbo greco “strépho”, che significa “girare”, “volgere”. Groupemobile è un progetto di ricerca sui codici e i linguaggi in crash tra loro e con la realtà, non solo assunta come segno e quindi come mezzo di significazione (Marcel Duchamp) ma anche come punto d’impatto e fine corsa (ancora Duchamp).
Il gruppo mobile include anche un altro documento: un’intervista di Carla Pellegrini ad Arakawa nel corso della quale l’artista giapponese riferisce un episodio che ha come protagonista Marcel Duchamp.
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